Stavolta non è l'odiato zingaro col furgone, e neanche il burino romano arricchito e perditempo, ma il normale padre di famiglia nella civile e ordinata Brescia il responsabile dell'ennesimo omicidio motorizzato di un ragazzo sulle strisce.
A tutti però i media appioppano l'etichetta di "ubriachi", per il tasso alcolico nel sangue superiore a quello consentito.
Lo abbiamo già detto, non è una nuova moda, semplicemente adesso si effettuano gli esami clinici, mentre prima no.
La domanda vera è perciò: ubriachi di che cosa? Non è il tasso alcolico la causa, tutt'al più un'aggravante. La verità è che un gran numero di automobilisti italiani, forse la maggioranza, è psichicamente ubriaca di deliri di potenza, di manie e fissazioni di velocità, di pretesa e ferrea convinzione che la strada è loro e guai a chi gliela tocca: tutti gli altri (pedoni, ciclisti, o anche automobilisti tranquilli) sono intralci di cui sbarazzarsi in ogni modo.
So che faranno gli offesi, ma questa è l'ideologia del fronte dell'auto-dappertutto che a Firenze non vuole la tramvia, dei razzanelliani trasversali. Di quelli che sbraitano perchè poverini gli autovelox o i vista-red li beccano e li multano con i loro comportamenti omicidi.
Lo abbiamo già detto, se il tasso alcolico svolge un ruolo è quello dell'antico motto latino: in vino veritas.
Ricorda automobilista, a bordo della tua scatoletta sei un potenziale omicida.
E spesso non solo potenziale.